A Loredana e mio fratello Roberto

In occasione del loro matrimonio, scrivevo così al tom di mio fratello:

Carissimo frà,
avrai ricevuto tante lettere di auguri durante questi giorni, ma che significa AUGURI? E’ un segno di buona educazione o come tradizione insegna? Cazzate, a noi non ci basta, ci siamo stufati dei tristissimi auguri tradizionali, noi vogliamo godere della vita… Vivere… non tirare a campare!
Vivere significa preferire. Ma chi? Colui che dà e fa la vita. Colui senza il quale la vita, con tutto quello che si muove all’interno di essa, compreso l’amore, la giornata di caccia, il body building (che ancora non hai capito che non è uno sport, ma un modo di mascherare il tuo corpo da pensionato con gonfiori antiestetici… tanto fifone sei e ci resterai), il matrimonio, non è altro che un ammasso di momenti che passano e fuggono, di pretese, di sfoghi, di dolore, di paure, di sensi di colpa, di logoramenti, di delusioni; una reazione continua e spesso incosciente alla logica del potere.
La verità (e quindi la felicità) non si inventa, non può essere un’idea, non può coincidere con un tuo parere, con la tua misura, non la puoi definire tu. Che violentissima menzogna, che inganno sarebbe… come ci dimostra la spietata cronaca del mondo, di ogni giorno: vite consumate, esaurite, violentate, disperate, mascherate, rassegnate, dissolte nel nulla. Cos’è la vita senza il riconoscimento della verità? E’ come piuma sbattuta qua e là dal vento, totalmente condizionata-schiavizzata da esso. La verità riconosciuta: la sorprendente mossa del Mistero tra noi, con noi; che si fa uomo, che nasce, agisce, è presente, reale. Senza di lui niente è fino in fondo conosciuto, posseduto, sopportato, spiegato, amato, unito, resistente, interessante, simpatico, fecondo, razionale, libero e compiuto.
…il matrimonio non è tradizione, è sacramento. E se non viene riconosciuto e vissuto come sacramento non è niente ed è veramente una tomba. Chi è capace, infatti, di unire realmente e definitivamente due persone, due diversità? Di rendere eterno un rapporto umano? Di rendere questo rapporto sempre nuovo, fecondo, pieno di quotidiano stupore, libero, fedele e resistente rispetto alla quotidiana aggressione del nostro limite, dei nostri capricci, della nostra umoralità, della nostra scontatezza ed abitudine, delle nostre pretese, della nostra “bestiale” istintività di possesso e riduzione dell’altro, di sfogo sull’altro, insomma della nostra presuntuosa misura? Chi è capace di renderlo libero, fedele e resistente rispetto alla subdola, perversa, violenta disumana “aggressione” della mentalità di questo mondo? Niente e nessuno è capace… tranne Uno, Lui, quella presenza affascinante e irresistibile, unicamente e totalmente corrispondente al desiderio dell’uomo.
Quell’uomo chiamato Gesù. RiconoscerLo, aderirGli, seguirLo: questa è la Vita.
Allora tutto emerge nella sua bellezza, positività, tutto è possibile e affrontabile.
No, noi non vogliamo tirare a campare, vogliamo essere felici, veramente…

E’ questo l’augurio più grande che vi possiamo fare!

20 maggio 2004

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